C’è una condizione della mente che modifica quella del corpo. Nel senso che tutti i dubbi e le paure della prima volta in barca a vela vengono annullate dal piacere stesso di esserci. La barca a vela è una sorpresa continua, molto spesso positiva, anche per chi prima di provarci è assalito da una selva di dubbi.
Che tu sia donna o uomo i cliché, i dubbi, le incertezze gira e rigira sono gli stessi. Ma c’è il bagno in barca? Con chi dormirò? Cosa mangeremo? Ma il balsamo per i capelli quante volte lo posso usare? E il phon (non l’iPhone!) c’è? Il tacco 12 lo posso portare?
Risposte in breve: Il bagno c’è ma è piccolo e tutti sentono, se ti imbarchi da solo o da sola dormirai con uno sconosciuto scelto per te dallo skipper, mangerai quello che deciderà il “cuoco del giorno” (che, a turno sarai anche tu…), balsamo e acqua sono razionati, il phon non c’è e il tacco 12 a bordo è vietato.
Quindi? Quindi è quì che sta la bellezza… nella scomodità. In barca a vela infatti esistono solo eccessi: la scomodità e/o la goduria assoluta. Ma il gioco di prestigio che avviene d’incanto sotto i tuoi occhi e di cui non sarai solo spettatore ma attore protagonista, è che le scomodità si trasformeranno nella chiavi di accesso alla goduria. Seguimi perché spiegarlo non è facile.
EVACUARE
Senza abbandonare la nave mi raccomando!
Andare in bagno e pompare a mano per creare l’effetto sciacquone, buttando inevitabilmente gli occhi sull’oggetto prodotto dal nostro corpo, è una forma ancestrale di libido che quasi sempre lascia orgogliosi di se stessi anche da grandi. Per chi non ha superato con successo la fase anale in tenera età (come da manuale freudiano), l’esperienza in barca a vela può risultare liberatoria, trasformando questi episodi capaci di fare inorridire al solo pensarci, in divertenti momenti da ricordare. Prima magia! Perché se immagini di essere in albergo, pagando 100 euro al giorno e dover pompare per mandare via la “defecatio” capisci che la tua reazione sarebbe ben diversa. Ma la barca fra gli altri ha questo potere psicoterapeutico. Ed è per questo che siamo partiti da qui per raccontarti il benessere della vita di bordo.
Lo so è strano parlare del “cagare” come punto di partenza della tua prossima esperienza in barca a vela. Ma è il modo più efficace per introdurre il tema chiave del vivere in mare: ritornare alla pura, sana, naturale normalità di ognuno di noi. E questo rende molto liberi e molto allegri. Il che non è poco, no? Nessuna vergogna se dopo essere sparito dalla vista per un po’ quando faranno il tuo nome, con voce affaticata come se stessi facendo stretching risponderai dal bagno: “ssssono… quiiii…”. Solo la propria timidezza segnerà il confine fra la condivisione dell’esperienza ed il silenzio.
DORMIRE
Con chi, ma soprattutto dove e come?
Una vacanza in barca con la Marmaglia, fra vento, alcool e feste, lascerà poco tempo per dormire. Ma prima o poi sarà necessario comunque ricaricare le batterie. Le cabine sono piccole, non minute, ma nemmeno enormi. Hanno la giusta dimensione per risultare incredibilmente accoglienti e intime. Sia quando ci dormi e basta, perché ti senti come protetto nella culla di mammà, sia quando le usi per attività ludiche. Se la preda decide di passare delle ore o una notte lì con te è perché ti desidera davvero, puoi starne certo. In uno spazio così ristretto poi è solo la tua creatività che può trovare nuove angolazioni e prospettive. Via alle idee, quindi.
In barca le coppie di sconosciuti – solitamente non coppie miste… a quello ci dovete pensare voi – vengono create dagli skipper, che di gente ne vedono tanta e di caratteri e persone se ne intendono. Hai presente il detto questa casa è un porto di mare? C’è molta più psicoanalisi nel quadrato di una barca a vela che sulla chaise long di un analista. Un comandante assiste a sedute di gruppo settimanalmente, e vede e osserva relazioni e dinamiche formarsi e disfarsi quotidianamente. Quindi fidati. La sua esperienza ti obbligherà a fare solo un piccolo sforzo iniziale, ma anche questa scomodità sarà una delle cose che racconterai agli amici o alle amiche al bar. Con il tuo compagno di barca e di cuccetta instaurerai una rara complicità e poco dopo le battute e i doppi sensi saranno come se con lui fossi stato in un contingente armato sul fronte siriano. Fondamentalmente una volta appoggiate le borse in cabina e deciso da che lato dormire, quel compagno “sconosciuto” diventerà una parte fondante del tuo divertimento. Assicurato.
Comunque la notte in barca dura poco, perché di solito si sta svegli a lungo ed è quindi il giorno a durare tanto. Anche perché sai benissimo che la notte persa la potrai recuperare quando sei in rada a prendere il sole. Giorno e notte si fondono senza limiti ne convenzioni. Altra magia!
MANGIARE
La schiscetta del vicino è sempre più buona!
Colazioni, pranzi e cene sono un altro grande momento della vita comunitaria a bordo. E qui sul tema ci sarebbe da scrivere un libro. Non lo facciamo, sereni. Diciamo che il tema del mangiare incrocia i gusti e l’ego di ognuno. Sui gusti è semplice capirci: ognuno ha i suoi. Con l’ego invece entrano in gioco dinamiche più complesse e due righe di approfondimento sono necessarie. Cibo uguale ad ego vuol dire che spesso troverai persone che hanno il piacere di esibire la loro capacità culinaria come espressione di una certa idea del mondo. Cioè: se cucino bene sono un figo e quindi…
Anche qui il consiglio è di lasciare a terra le certezze con cui siamo arrivati in barca. Conviene lasciarsi andare, nel senso di provare a mangiare senza pregiudizi, anche se un tuo compagno di viaggio cucina in modo diverso quel piatto speciale che vi tramandate da generazioni in famiglia, e la cui preparazione hai perfezionato nel tempo superando persino le abilità della nonna (sarà vero poi?) . Il rischio in fondo è minimo. Se non ti piace apri il frigo di bordo e azzanni salami e formaggi, viceversa, oltre che esserti fatto un nuovo amico (o amica) avrai scoperto un altro modo di cucinare lo stesso piatto. E quindi, di fatto, sarai più ricco di prima.
Lo scambio culturale del mangiare è una delle più belle e strane esperienze di bordo. Ed è molto meno preoccupante di quanto possa sembrare. In realtà è al momento di fare cambusa, la spesa di bordo, che avrai il tuo momento creativo: quello di proporre gli ingredienti base da acquistare per mettere in campo una sana creatività culinaria. Gli ingredienti per cucinare la mitica pasta al tonno o aglio olio e peperoncino in barca non mancano mai, e probabilmente saranno questi classici il salvagente della ciurma quando rientrerà in barca al sorgere del sole di ritorno da un localino ibizenco e affamata più di un branco di lupi.
VESTIRE
Il tacco 12, un male necessario?
Marilyn Monroe, una signora che in fondo ne sapeva, diceva: I tacchi alti fanno diventare una donna il 25% più dominante, il 50% più sicura di se stessa e il 100% più sexy. Quindi i tacchi sono benvenuti. Ma non a bordo. Il perché è semplice: perché no. Sono la cosa più inadeguata che si possa indossare. Pungenti per la barca che li ospita e antitetici alla vita di mare, che si basa sì sulla scomodità e sull’abbandono delle convenzioni, ma non certo sul masochismo! In ogni momento, fino a quando non sarai coi piedi ben saldi sulla terraferma, calzare i tacchi è come sfidare a braccio di ferro gli All Black o dire alla mamma del tuo fidanzato o marito che ti sta antipatica il primo giorno che l’hai incontrata: una mossa suicida!
Ma siccome la bellezza è spesso legata a quel trampolino sottile con la superficie di appoggio di un centimetro quadrato se proprio li vuoi portare, fallo. Ma non indossarli mai se non quando sei in discoteca. Solo li potranno servirti a farti sentire dominante, sicura di te e sexy. In barca ti sentiresti più che altro ridicola.
LAVARE
Docce, balsami, phon…
In barca la cosa più preziosa, alcool a parte, è l’acqua per lavarsi. A bordo ci sono dei serbatoi che contengono solitamente 900 litri di acqua. Per ogni minuto di doccia si usano in media 15 litri. Vuol dire che se fossi da solo potresti fare 60 docce da un minuto oppure una da 60 minuti. Iniziamo col dire che in barca sarete in 10. Quindi a testa avrete 90 litri. Ovvero 6 docce da un minuto o una da 6 minuti…
Paura? Assolutamente no. I serbatoi di acqua si possono riempire, ma il punto è che per farlo bisogna entrare in porto, e perdere così tempo prezioso che poteva essere sfruttato trascorrendo una bella mattinata in rada fra bagni e divertimenti. Ne vale la pena?
Quindi fate attenzione a non sprecarla e seguite questa semplice regola: sciacquatevi, insaponatevi chiudendo il rubinetto, e risciaquatevi. Considera che il bagno lo farai in mare e quindi la funzione della doccia è di togliere il sale e lavare i capelli. Shampoo e balsamo, meglio se biocompatibili dato che tutto finisce in mare, devono essere usati con parsimonia. Insomma puliti si, ovvio, ma ricordatevi che anche se l’acqua è gratis e l’avete pagata nella vacanza, è molto preziosa.
Last but not least il mitico oggetto: il phon. Tema delicato. Delicatissimo. Di base in barca non serve. In rada, cioè in mare, la corrente non c’è. In compenso c’è caldo e vento e quindi il phon che userai sarà quello naturale del vento. In fondo è da qui che prende il nome: il föhn, una corrente calda e asciutta della regione alpina che porta cielo sereno e visibilità ottima e che sciogliendo innanzi tempo le nevi determina giornate di tepore eccezionale anche in pieno inverno. Ma sarà stata l’antipatia e la scomodità di scriverlo con le dieresi, la perdita della seconda guerra mondiale e il trionfo della lingua inglese, che il suo nome si è trasformato in phon (o fon). Nome a parte, il phon non ti serve, avrai il piacere di asciugarti i capelli con il suo autentico antenato, il vento!
Risultato? Analogo anzi, meglio. Ma se anche qui non ne puoi proprio fare a meno, imboscalo in uno zainetto e vai ai bagni del porto. Lì troverai, come in un campeggio, prese di corrente in quantità. Occhio però a non farti vedere, perché portare da casa il phon ti espone ad altre prese… quelle di culo dei tuoi compagni di barca. Forse è meglio avere i capelli bagnati per un giorno e l’onore asciutto. Buon vento che, sereni, asciuga tutto…