Si chiama Mare Verticale e nel gioco di parole del titolo c’è l’idea di questo libro meravigliosamente scritto da Marco Ferrari spezzino, ma soprattutto sopraffine giornalista. Racconta come mai nessuno prima, che cosa è questa parte di Liguria. Lo fa parlando poco del mare, ma di più della terra. E, molto, del quotidiano e quindi della vita. Perché per capire questo magico specchio di mare bisogna guardare dentro lo specchio dell’anima di chi ha ricevuto una chiamata. O meglio “la chiamata”. Perché questa parte di Liguria ha la magia di parlare. E se lo fa, lo fa in maniera decisa, incontrovertibile, diretta e chiara. Se senti la sua voce, perché questo non è scontato, non puoi più ignorarla. Ma, anzi, devi assecondarla.
Scendiamo lungo il sentiero, tra dalie e ortensie, ora siamo sul viale dei pitosfori, poi sul sassoso sentiero che conduce al mare, sulla spiaggia bianca. C’è una distesa di luce aperta e diffusa, la brezza è mite, lo sguardo si dilata nello spazio sull’ampia curva tirrenica. Ci capitarono in molti, forse per caso, forse ospiti occasionali che dovevano restare una sera e si fermavano un’estate intera: dal tempo in cui gli artisti si accorsero che per essere bello un paesaggio doveva mostrare anche l’anima…
Questa Liguria, quella del Golfo dei Poeti – il nome non è un caso con personalità quali Alberto Moravia, Simone de Bauvoir, Albert Camus e tanti altri che l’hanno abitata, vissuta e raccontata nel Novecento – delle Cinque Terre ti parla con armi insolite, con un linguaggio forbito e un po’ snob, ed è in questa difficoltà che risiede il suo fascino. Non è cioè una terra facile. Non è una terra per tutti. Una chiamata è un messaggio pagano visitato dal valore religioso che ha la natura. Un richiamo che si traduce in bisogno: guardare, camminare, bere, mangiare, nuotare. In una parola, vivere… per cogliere nei gesti semplici l’essenza di quello che ti vuole offrire. Sì, questa terra arroccata e abitata su se stessa chiede di essere vissuta, ma prima di tutto di essere capita, perché la comprensione altro non è che è una forma iniziatica di un sentimento chiamato amore.
Sentito il richiamo, superato il limite fisico della scomodità e della sua verticalità fatta di gradini infiniti, di case strette, di salite ripide, di luoghi angusti per non dire compressi, di tornanti e curve, di brevi rettilinei e strade sterrate, dei sapori forti del Vermentino o dello Sciacchetrà anche loro nati e aggrappati con forza sulle terrazze coltivate della costa di fronte al mare; le Cinque Terre e il Golfo dei Poeti si sottomettono ai tuoi piedi. E amano lasciarsi scoprire. Se superi l’ostacolo sei accolto a braccia aperte. Se hai le chiavi per capire che tutto questo è in fondo una metafora della vita, hai le chiavi per godere… E ti meriti di dirirtto una tessera fedeltà che non ti lascerà mai più.
E qui inizia il bello.
Ora sei pronto per il passo successivo. Apparentemente più semplice. Quello di guardarla dal mare. Perché dal mare cambia una cosa semplice ma radicale, incredibilmente fondamentale: il punto di vista. Perché dall’acqua tutta la magia di questi posti è davanti ai tuoi occhi. Perché osservare le Cinque Terre e il Golfo dei Poeti da una barca apre le porte alla scoperta del sublime. Una parola rara, romantica, estasiante come la reazione che l’uomo prova davanti al suo significato: il sublime è infatti, il senso di stupore che si prova guardando la natura.
Solo dal mare, dalla prua di una barca vela scarrocciando verso il tramonto tutto diventa chiaro, tutto si capisce. E il messaggio lanciato dalla terra, se recepito, adesso sembra magicamente assorbito. Metabolizzato. Finalmente tutto torna. Tutto si spoglia e i codici vengono decriptati facendo fare mostra di sé alla totale bellezza del posto. Vedi le case affacciate sulla roccia, vedi le finestre verdi affiancate dai pini marittimi, i cipressi che indicano i confini delle proprietà della terra, vedi la fatica delle viti e degli uomini che le potano e che se ne prendono cura. Vedi la roccia che buca il mare e la sabbia delle poche e rare spiagge che lo accarezza. E poi vedi lo spettacolo della vita, della gente, del quotidiano brusio di un borgo marino. Dal mare vedi l’architettura come in un plastico in miniatura. La terra, la costa, si mettono a nudo. Il paesaggio è davanti a te in una visione in cui tu sei regista perché decidi che cosa vedere; e attore, perché in questo film che non è un film, sei tu alla fine il vero protagonista.
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