Equilibrato. Misurato. Attento. Lui di solito di barca a vela ne sa un bel po’. Tecnicamente molto, per non dire moltissimo. Se queste capacità si incontrano in una persona che nella vita fa l’ingegnere, il commercialista o il bancario, il mix può essere esplosivo.
P. il precisetti rappresenta chi ne sa. O crede di saperne. Di solito arriva in barca con tutto al posto giusto. Le scarpe da barca Sax tecniche (ma non troppo), la calza blu, i jeans, una polo bianca con il logo del Centro Velico a cui appartiene, una cerata blu con gli inserti fluorescenti, e al polso l’ultimo modello di un orologio tecnico multifunzionale in grado di leggere la direzione del vento, la forza e, ovviamente il timing che avvisa quando il comitato di regata ha esposto la bandiera Intelligenza (che indica la partenza di una regata entro un minuto). Non gli manca nulla per essere al top. Tranne una cosa.
Ha sbagliato il contesto.
P. il precisetti, infatti non si sta imbarcando per una regata, ma per una flottiglia. Certo sa che durante la settimana si farà la regata fra tutte le barche. Ma non ha capito che quella rappresenta l’1% della vacanza. Il 99% è altro.
Quando in barca hai un tipo così l’unica cosa è aspettare. E, a volte, sperare che l’intelligenza non sia solo una bandiera ma un’attitudine… Per questo interviene lo skipper. Ci penserà lui a fargli capire che, se anche tecnicamente ne sa, P. non è qui per regatare ma per godere. Per divertirsi. E che ai suoi compagni di barca interessano di più i segreti per fare al meglio un Gin Tonic, rispetto ai segreti di una strambata perfetta.
Paraculo, piacione, riesce ad agganciare con tutti anche se rimane sempre un po’ un nerd. P. all’inizio piace quasi sempre. All’inizio per un tempo indefinito lo segui, poi capisci che una cosa è sapere andare in barca e un’altra è spiegarlo agli altri. Una cosa è conoscere le regole con autorità, un’altra farle rispettare con autorevolezza. Insomma se avevi avuto dubbi che P. ne sapeva più dello skipper (e questo è possibile) poi qualcosa ti dice che lo skipper ti fa stare al sicuro. Raggiunto questo punto di consapevolezza di solito P. viene un po’ allontanato dal gruppo, della serie: «cazzo adesso mi attacca un pippone sulle dimesioni della randa e non so che cosa dire. Non so nemmeno che cosa è…». Diciamolo, P. il precisetti, cerca ogni occasione per ingaggiare una regata con qualsiasi barca che passi all’orizzonte.
Il meccanismo per risolvere la cosa di solito è quello di ingaggiarlo. Smontare le sue sicurezze portandolo fuori dalla sua comfort zone. Togliergli dalle mani il timone e mettergli il bicchiere. La sfida è tutta qui. Fatelo bere. Sistematicamente. Perché uno così forse non è abituato. Oppure lo è ma non vuole farlo. È solo portandolo fuori da quel perimetro di sicurezza rappresentato dalle sue certezze che può dare il meglio di sé. E dimostrarsi, alla fine, quello che si è divertito di più. E che può fare divertire tutti un sacco. L’alcool è una scorciatoia per essere se stessi (o la parte più divertente di se stessi). E lui, P. il precisetti appunto, non vuole farlo. Troppo impegnato ad essere in competizione con se stesso prima e con il mondo poi.
Passano i giorni e il rullo di tamburi degli aperitivi a tutte le ore lo deve confondere. La sua ubriachezza è una porta verso un mondo raro e verso una persona nuova. Insistere, mai demordere. È per questo che P. il precisetti è stato visto al terzo giorno di vacanza tornare a casa abbracciato allo skipper dopo che finalmente si è ubriacato così tanto da perdere in mare una delle sue scarpe Sax. Una parte di lui è finita sul fondo e con questa anche alcune delle sue certezze. La scarpa era per lui un simbolo, un codice, una corazza. È bastata quella perdita per avere conquistato una vittoria. Il precisetti, ormai ex, saprà essere la più stupefacente sorpresa di una flottiglia. Anche per se stesso.
E tu che tipo da flottiglia sei? Scrivicelo nei commenti oppure vai a scoprire tutti i personaggi della nostra carrellata. Buon vento marinaio!
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